Anteprima del nuovo romanzo di Antonella Senese “Tre minuti di me”

Anteprima sfogliabile del romanzo Tre minuti di me, di Antonella Senese.

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Tre minuti di me, il nuovo romanzo di Antonella Senesee

In uscita il 30 settembre 2014, in prevendita in versione cartacea sul sito della casa editrice con il 20% di sconto, “Tre minuti di me”, il nuovo romanzo di Antonella Senese.
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Tre minuti di me


«Tre minuti per farlo innamorare di me.
Tre minuti sono bastati a me per amarlo.»


Amie è una pianista dotata di un incredibile talento con un futuro roseo davanti a sé, ma quando una terribile tragedia colpisce la sua famiglia, smette di suonare, di cantare e di interagire con il mondo esterno.
Adam è un musicista con un’anima graffiata, che vive giorno per giorno, portandosi dietro un peso che non gli permette di abbandonare le cattive abitudini e lasciarsi andare alla vita.
Due destini che s’incrociano, due anime che si cercano, si reclamano e s’incastrano alla perfezione, che vivono di musica e si nutrono di essa. Due vite così diverse, ma accomunate dallo stesso dolore e dalla stessa passione. Perché in tre minuti tutto può cambiare, in tre minuti si può anche imparare ad amare. Tre minuti, il tempo di una canzone.

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9 – Il nuovo romanzo di Massimiliano Cara – Libro Aperto International Publishing

9 definitiva frnte2«Il 9 si mise in moto. Destinazione Terlì. Così tutti volevano. Così tutti credevano.»

Cinque strani passeggeri si ritrovano sul 9, un vecchio treno che porta a Terlì o come afferma l’inquietante controllore, “ovunque ci siano persone da portare via”. Il viaggio diventa cornice delle vicende dei passeggeri, che s’intrecciano o corrono parallele; unite, tra rabbia e malinconia, dalla misteriosa ricorrenza del numero nove a scandirne i tempi e dalle tematiche di un destino arbitrario e dell’amore negato. Disperato, viscerale, lirico nella sua durezza simile a quella della terra di Sardegna, e glaciale quanto il Gennargentu in un inverno perpetuo.

Booktrailer ufficiale: https://www.youtube.com/watch?v=bvmnuDNvdmM

Anteprima Ebook: http://www.libroapertointernationalpublishing.com/product.php~idx~~~119~~variant~~~0~~9~.html

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Libro Aperto International Publishing diventa internazionale a tutti gli effetti!

Empty Words, il gemello dell’italiano Le Parole che restano di Antonella Senese, è stato tradotto ed è attualmente venduto anche sul mercato Inglese.
Come preannunciato la casa editrice è diventata internazionale e con il primo romanzo tradotto si apriranno le fila per le moltissime novità in merito: nuove traduzioni, nuovi nomi e nuove avventure da condividere insieme ai nostri lettori vecchi e nuovi e tutti i nostri autori.

Ringraziando chi continua a seguirci e chi ci seguirà anche all’estero, siamo lieti di annunciare l’effettiva presenza della nostra casa editrice sul mercato internazionale.

 ***

Empty Words, original title “Le Parole che restano” by Antonella Senese, is our first book translated in English and is now available on all marketplace in digital edition and soon available also in paperback.

As previously announced, the publishing house has become international and the first translated novel will open the line up for our new features: new translations, new authors and new adventures to share with our readers and with all our authors.

Thank you so much to continue to follow us and stay tuned for our next news!

 

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Link Amazon.it: http://www.amazon.it/Empty-Words-Antonella-Senese-ebook/dp/B00MRJPDSQ/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1408708769&sr=8-1&keywords=empty+words

Link Amazon.Uk: http://l.facebook.com/lsr.php?u=http%3A%2F%2Fwww.amazon.co.uk%2FEmpty-Words-Antonella-Senese-ebook%2Fdp%2FB00MRJPDSQ%2Fref%3Dsr_1_1%3Fie%3DUTF8%26qid%3D1408705754%26sr%3D8-1%26keywords%3Dempty%2Bwords&ext=1408712670&hash=Acm41wb3_HtOiAkn0qawNobLqih7DSSHg46dT3n6ZdIpww
Booktrailer: www.youtube.com/watch?v=2XYorRgmMp8

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Lo specchio del tempo di Silvia Devitofrancesco

Da oggi in ebook come novità del mese e tra non molto anche in cartaceo, il romance storico della nuova autrice Libro Aperto International Publishing.

http://www.libroapertointernationalpublishing.com/product.php~idx~~~114~~variant~~~0~~Lo+specchio+del+tempo~.html

 

10428958_10203012318941421_918116872_n Autore: Silvia Devitofrancesco

Anno: 2014

Editore: Libro Aperto International Publishing

Genere: Fiction/Romance storico

Pagine: 150

Illustratore: Franco Limbardi

ISBN: 9781910442043

 

Descrizione

«Avvertivo strane sensazioni. Avevo paura di ciò che sarebbe potuto accadere e avevo paura per me.» 

Due donne diverse dai destini intrecciati, l’una lo specchio dell’altra. Un manoscritto le farà incontrare mettendo così a confronto due epoche diverse e due donne simili, vittime di un padre padrone, ancorate a un amore romantico, capaci di lottare per la vita.

Due storie legate dallo specchio del tempo, dove il passato incontra il presente e in cui due donne lontane eppure vicine, lottano per rivendicare il diritto di scegliere il proprio destino e il loro sogno d’amore.

 

Da non perdere!

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Presentazione del romanzo La Sottile visione dell’altalena di Eleonora Buompane

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Venerdi 20 Giugno 2014 alle ore 21.00 nei locali della Biblioteca Civica Comunale del comune di Lozzolo, Eleonora Buompane presenterà il suo romazo “La sottile visione dell’altalena” edito da Libro Aperto International Publishing.

http://www.libroapertointernationalpublishing.com/product.php~idx~~~7~~La+Sottile+visione+dell_altalena~.html

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Anteprima del romanzo Guarire dalla fedeltà di Serena Fuori

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C’è una fedeltà appiccicosa, egoista, ipocrita, triste, pretesa ottusamente e servilmente resa, che muove dal dovere o dalla pigrizia e muore nella noia, che spegne chi la concede e non dà nulla a chi la riceve, arrogante come una virtù, asseritamente definitiva ma vuota e pretenziosa come un cenotafio; dà
l’ebbrezza formale del possesso ma pretende di essere gabellata
per lealtà, con la quale non ha nulla in comune. La fedeltà è del corpo, la lealtà è dell’anima. La persona leale è difficile da conquistare: puoi perderla e conquistarla nuovamente, ma sai esattamente quando è con te. La lealtà è viva. E io volevo una
moglie viva. Per questo dovevo insegnarle a essere infedele, per evitare che una fedeltà passiva ne contaminasse la lealtà.
È bella, Serena. Di quella bellezza che si acquisisce con la nascita e dura tutta la vita, come il nome o il colore degli occhi. Di quella bellezza che non sfiorisce, non si arrocca dietro un particolare, ma permea il portamento, i gesti, i sorrisi. Di quella bellezza che non si scontra con gli anni, semplicemente li asseconda e se li rende
amici, come fa con tutti, Serena.
Ed è dolce, Serena. Di quella dolcezza posseduta da chi non conosce contrarietà, non comprende il concetto del male, dà agli altri quello che ha, con naturalezza, senza chiedere nulla in cambio e senza fare calcoli.
Serena è pura, incorruttibile e trasparente come un cristallo.
Credevo fosse questo, Serena. Tutto questo. Ma lei è molto di più.
È una donna viva, in cui si agitano sensibilità diverse e lotte interiori che io, in tanti anni, avevo appena intuito. Serena è una creatura infelice nella felicità che tutti noi le abbiamo imposto. Ho tentato la facile scorciatoia di cercare nelle altre donne l’essenza inafferrabile di Serena, ma non l’ho trovata. Ho rischiato di
perderla, perché lei stava appassendo, nella recita della brava fanciulla che tutti volevamo; stava appassendo dall’interno, senza che nessuno ne scorgesse traccia nel suo sorriso.
Le ho insegnato la libertà, perché questa non la conosceva, lei. Il rischio era di perderla, ma la speranza di conquistarla, nell’anima.
Abbiamo sofferto insieme, e soffriremo ancora, temo. Ma ora è una donna nuova, libera di scegliere. Forse me.
E sarà ogni volta un dono.

Parte Prima

L’innesco

Parlavamo ancora, più di fatti che di pensieri, col tono della voce ogni volta un po’ più alto e teso, ma parlavamo; perciò, sembrava fossimo vicini, come sempre. Ma stavamo scendendo da versanti opposti della nostra montagna, senza accorgercene. Io mi stavo abituando a un mondo diverso e distinto dal suo, meno colorato, meno puro, mentre il mio orizzonte rimpiccioliva e le mie speranze sfiorivano. La sua assenza mi provocava ancora il
consueto senso di vuoto che però la sua presenza non riusciva più a colmare. L’adorazione nei suoi confronti stava svanendo, sostituita dall’abitudine della mia tranquilla quotidianità, unica mia vera conquista.
È così quando s’invecchia, pensavo senza ribellarmi.
Non sapevo che anche lui si stava allontanando, ogni giorno un po’ più infastidito e un po’ più intimorito da quella che doveva sembrargli la mia noiosa, algida perfezione. Anche lui si stava adattando a un nuovo, seppur limitato orizzonte. Ancora poco tempo, forse solo pochi mesi, e le nostre voci sarebbero diventate
urla senza eco. O peggio ancora, rassegnati, folli monologhi.  Ci sono due modi per violare l’esclusività del rapporto col proprio partner e indirizzare al di fuori della propria relazione una parte delle proprie energie sessuali o sentimentali. Lo si può fare a insaputa di questi, spinti dalle motivazioni più svariate che conducono a una relazione parallela, con infinite variazioni di durata e di profondità. Una relazione che può nascere per noia,
per ripicca, per completare qualcosa che ci manca o semplicemente per caso e che può durare lo spazio di un
desiderio, di un bacio, di uno sfizio. O molti anni. Forse il compagno o la compagna non la scopriranno mai, ma ne
percepiranno, anche se inconsapevolmente le variazioni di “temperatura” che produce. Perché questa relazione drena energie e vitalità, genera sospetti e incomprensioni, ma soprattutto è una
ferita più o meno profonda, che può aprire la strada a ben più aggressivi batteri che possono minare il rapporto fino ad arrivare a distruggerlo. È il tradimento classico, so bene quanto sia diffuso. C’è poi un’altra forma di adulterio che non scatena rancori, non è motivo di biasimo, ma è vissuto dalla coppia come
una tappa, seppur dolorosa, del proprio rapporto, da approfondire, valutare e cercare di comprendere, insieme. Non è tradimento perché non viola patti di fedeltà, non è furto da parte di un membro della coppia a danno dell’altro. È la coraggiosa e realistica presa d’atto che un’infatuazione seppellita nel fecondo humus dei desideri insoddisfatti può germinare e produrre l’illusione di essere innamoramento; significa essere alleati e complici e interessati e responsabili di quello che avviene all’interno della coppia. Significa allargare i confini e consentire che questa stabilisca le regole al suo interno, anche in violazione della morale comune e sfidando il giudizio degli altri.
Forse tutto questo può sembrarvi strano, una bizzarria dei rapporti umani, ma io ho vissuto il tradimento, in tutte le sue sfaccettature: ho accettato e sopportato l’infedeltà di mio marito come qualcosa d’inevitabile, per poi tradire io stessa ma condividendo con lui quello che ci stava succedendo. Abbiamo scoperto che quest’ultimo modo è come un bisturi, altrettanto doloroso del primo nell’aprire le ferite ‒ non è stata ancora inventata l’anestesia dei sentimenti ‒ ma come un bisturi può essere il mezzo per scoprire e rimuovere antichi traumi, fobie e debolezze nella relazione.
Per noi è stato come seguire una specie di filo d’Arianna che ci ha condotti nei più riposti cunicoli della nostra mente. Spezzare il filo, ignorare o fingere d’ignorare il tradimento – consumato o desiderato è lo stesso – serve solo a rinviare la scoperta del marcio senza curarlo; allo stesso modo, servono coraggio e intelligenza per vivere l’adulterio in modo condiviso con la speranza, alla fine, di ritrovarsi più uniti, più forti.
Questo è quello che ho capito e mi piacerebbe condividere questa esperienza col cuore in mano. Magari un po’ in disordine, com’è nella mia natura, ma in tutte le sue tappe contraddittorie.
Può darsi che qualcuno o qualcuna si riveda nel personaggio di mio marito o mio e trovi una piccola bussola per orientarsi. Sarà quella la mia soddisfazione.
Eravamo a letto da dieci minuti. A un tratto cercò la mia mano per darmi una rapida, doppia stretta:
«Dormi?» mi chiese con voce roca.
«No»
Pausa.
«Ci hai pensato?»
«Un po’» risposi evasivamente.
Pausa.
«E allora?»
«Non credo di aver bisogno di un amante.»
«Perciò non sei nemmeno sicura di non averne bisogno…»
Logica ineccepibile, rimasi in silenzio.
Pausa.
Lasciò la mia mano e con il dorso di due dita piegate cominciò ad accarezzarmi il mento. Sapevo a cosa stesse pensando e nascosi un primo brivido, leggero, che mi nasceva dentro. Le sue dita si muovevano pigre verso il collo, piegai la testa per offrirgli la parte più delicata, quella appena sotto l’orecchio. Ora vagavano
cercando ‒ e trovando ‒ i punti più sensibili. Si avvicinarono alle labbra, vi si accostarono. Ritornò quel brivido leggero. Entrambi sapevamo che le sue dita si stavano trasformando nelle labbra
dell’altro. «Ti piacciono le sue labbra?» mi domandò e senza attendere la
risposta scontata, proseguì:
«E il resto?»
«Solo le labbra» mormorai a occhi chiusi, con la mente che piano piano si distendeva.
«Solo le labbra» insistetti cocciuta, ma sincera
«Ma dietro le labbra c’è una persona…»
Le sue parole fluirono lentamente, a fatica, in un mix esplosivo di gelosia ed eccitazione. I miei due neuroni ancora in servizio formularono un «Pure a voi piacciono le culone e le tettone, senza pensare a quello che c’è dietro.»
Anche lui doveva avere solo due neuroni in servizio per cui non rispose, mentre con le dita accarezzava le mie labbra.
«Allora?» domandò dopo una lunga pausa.
«Che vuoi sapere?»
«Se lo desideri.»
«Se tu continui a eccitarmi, desidererò qualsiasi cosa.»
Non era soddisfatto e incalzò: «Io sto solo togliendo la cenere. Il fuoco sotto c’era già». Ripensai a quel bacio, alla mia piccola confessione, che era diventata il grimaldello con cui stava scardinando le mie certezze.

«Allora anche tu potresti covare il fuoco sotto la cenere»
obiettai sospettosa.
«No, io no» rispose deciso.
Le sue dita si fermarono, ma io volevo che continuasse. A qualsiasi costo. Ma lui voleva chiarire questo punto:
«Io non ho mai avuto bisogno di nascondere i miei sentimenti, neanche a me stesso. Forse ti ho tradita più spesso di quanto ne abbia avuto voglia…»
Mi sarei dovuta arrabbiare per quella spudorata confessione, ma stavo cadendo in un languore progressivo e volevo solo che continuasse. E lui continuò, le dita tornarono ad accarezzarmi le labbra, fino a che si materializzò l’altro, che mi baciava dolcemente. Socchiusi la bocca, sentivo il calore dell’altro che avvolgeva con le sue le mie labbra, sentivo la sua lingua fremere nella mia bocca, sentivo la mia lingua toccarlo con timore e con
desiderio, sentivo le sue labbra spesse circondare la mia piccola bocca, possederla, risucchiarla in sé.
«Ti fa gemere, il ricordo?» insinuò, malefico, ma io non gemevo a comando e riuscii a resistere.
Le sue dita scivolarono giù, verso il seno. Cercai inutilmente di bloccargliele mentre inesorabili si avvicinavano ai capezzoli.
«Ti piace?» mi chiese ancora.
«Sì» risposi senza esitazione, ma in quel momento erano solo sue le dita che mi accarezzavano, era l’uomo reale che era a fianco a me che volevo, il fantasma dell’altro aveva esaurito il suo compito e si era afflosciato, ormai inutile.
Glielo dissi, ma lui non sembrò soddisfatto. Non riuscivo a capire. Diceva che adorava riconquistarmi e quando ci riusciva sembrava deluso.
Risalì con la mano socchiusa verso il mento, accarezzando ancora le orecchie, il collo. Il fantasma si risvegliò.
Improvvisamente le dita si distesero e con tutta la mano mi afferrò con decisione il collo, quasi a soffocarmi.
Riuscì nel suo intento, il bastardo. Ora era l’altro che mi afferrava, ora era l’altro che mi accarezzava, ora era l’altro che scendeva verso il seno con un movimento deciso, da padrone. E mi sfuggì un sospiro; il mio seno riempiva la sua mano, il capezzolo cercava spazio tra quelle dita da cui desiderava essere stretto.
«Pensi a lui, ora, vero?» domandò con irritante certezza.
Nuovo sospiro, più profondo.
«Lo vuoi? Lo vuoi ora?»
Cercai di non rispondere, ma l’eccitazione montava e sapevo
che lui voleva la stessa cosa che volevo io.
«Sì…» mormorai. «Sì, sì!» confermai, e il fiato venne dalla
contrazione delle viscere.
Sentivo la sua eccitazione, gli toccai il membro duro e lo lasciai subito dopo, immersa in una fantasia che prevaleva sulla realtà. Ero intimorita, perché mentre lo toccavo immaginavo che fosse un altro uomo a desiderarmi. Un uomo al quale non dovevo pensare, ma che s’imponeva alla mia volontà. Non avrei rinunciato al mio uomo per nulla al mondo, anche se lui ora, voleva che desiderassi l’altro.
Quasi con rabbia mi chiese: «Quale cazzo vuoi, dillo!»
Ero confusa, era come se stesse lacerando di nuovo la mia verginità. La prima volta lui mi aveva accompagnata a diventare donna. Ora mi stava accompagnando a diventare femmina, perché fino a quel momento ero stata solo un simulacro di donna, con una finta virtù stesa a coprire le mie paure nascoste. Soffrivo e godevo mentre gli mormoravo il nome dell’altro. Lui si fermò un attimo, come intimorito dalla mia confessione, poi riprese: «Lo
vuoi veramente, lo desideri? Dillo!»
E io ripetei più volte il nome dell’altro ed entrambi eravamo consapevoli che quello che sarebbe successo da quel momento in poi non sarebbe dipeso dalla nostra volontà. E finalmente mi penetrò, assetato ed esigente, prepotente come un amante, ma anche rassicurante e abile come solo il mio uomo sapeva essere.
Godemmo insieme, in un vorticoso gioco delle parti in cui i sensi si sovrapponevano a ogni principio e a ogni convenzione.
Finalmente ero pronta a scoprire me stessa, a donarmi a un altro, ad amarlo forse, consapevolmente femmina, completamente donna. Da quel momento in poi i pregiudizi e la morale non mi avrebbero tenuta stretta all’uomo che era al mio fianco, non l’adorazione, non amore mummificato, ma un amore vivo. Ci addormentammo abbracciati, quasi a proteggerci reciprocamente
dal fantasma che avevamo evocato e che non volevamo tra di noi.

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Selezione racconti Romantic Comedy

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Selezione racconti Romantic Comedy 

 
Libro Aperto International Publishing seleziona e valuta racconti inediti di genere Romantic Comedy (Chick lit) per la pubblicazione in formato digitale di piccole raccolte a tema.

 

La pubblicazione è gratuita, i racconti non hanno un limite di battute sebbene l’intera antologia non supererà le 150 cartelle editoriali.

 

I file dovranno essere inviati in formato .doc entro il 1 luglio 2014 alla mail: inediti@libroapertonewgeneration.com, specificando in oggetto: Selezione racconti Romantic Comedy

Per ulteriori informazioni scrivere sempre alla mail inediti@libroapertonewgeneration.com

 

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La presentazione di Yami e del suo Immagina al Salone Internazionale del Libro di Torino

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Anteprima del romanzo Immagina di Yami

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Cadere

«Finalmente a casa.»
Quella notte soffiava un vento gelido e penetrante. Una fitta pioggia tamburellava ritmicamente contro i vetri delle finestre, con una tale insistenza che sembrava volesse irrompere all’interno delle case, fin dentro i sogni degli uomini. In tutto il
quartiere le luci erano già state spente da un pezzo quando Feo rientrò nel suo appartamento. Con la schiena appoggiata contro la porta d’ingresso, voltò la testa ora da una parte ora dall’altra, come se fosse in grado di penetrare l’oscurità con lo sguardo.
Cercò il muro con le dita e una volta sfiorata la fredda superficie, avanzò tentoni seguendone le pareti fino a raggiungere la stanza da letto. Vi si lasciò cadere pesantemente, si sfilò i vestiti e scivolò sotto le coperte. Rabbrividì. La pioggia lo aveva inzuppato e sentiva il freddo invaderlo fino alle ossa. Benché si
sentisse parecchio stanco, in quelle condizioni gli sarebbe servita una mezz’ora buona prima di riuscire a prendere sonno.
Era in momenti come questi che pensieri di ogni tipo cominciavano ad affiorare uno dopo l’altro e più tentava di
ricacciarli indietro, più essi prendevano il sopravvento e lo tormentavano.
Si ritrovò ancora una volta a esaminare la sua vita. Da bambino era sempre stato allegro e spensierato. Socializzava con facilità con chiunque ed era pieno di interessi e qualità. Passava continuamente da un progetto all’altro: un giorno si prometteva che sarebbe diventato un rinomato archeologo; un altro
l’avvocato più famoso del mondo; un altro ancora una spia del governo, come quelle che vedeva nei film; oppure un disegnatore di manga, un attore, uno scrittore, il componente di una rock band e così via. Gli bastava la fantasia per raggiungere qualunque obiettivo o per viaggiare da una parte all’altra del mondo, ma ben presto avrebbe imparato che nella vita reale le cose non sono per nulla così semplici. Già alle medie aveva notato che i suoi compagni non parlavano d’altro che di sport, motori e ragazze, come se per loro non ci fosse altro d’interessante al mondo. Non aveva nulla in comune con nessuno, per cui, per non sentirsi tagliato fuori, spesso fingeva interesse per quelle cose che tanto li entusiasmavano e si limitava ad ascoltare passivamente tutto quello che dicevano. Era alquanto frustrante: sempre gli stessi argomenti, nessuno con cui condividere le proprie passioni per la
musica, il cinema, il teatro, i manga e tutto il resto. E quando, esasperato, aveva provato ad accennare qualcosa al riguardo, tutto quello che ne aveva ricavato erano state delle battute di scherno e
il dirottamento della discussione sui soliti temi, considerati dagli altri “più maturi”.
Le vere difficoltà erano cominciate alle superiori. La pressione scolastica era maggiore rispetto a quella affrontata fino a quel momento e si era reso conto che c’erano persone più brave di lui in tutte le discipline che lo avevano sempre interessato: era bravo nel disegno, ma qualcun altro era più preciso di lui nei tratti e nella cura dei dettagli; era abile negli sport, ma altri lo superavano in agilità e destrezza; dimostrava una buona predisposizione per la recitazione, come aveva appurato frequentando il laboratorio teatrale scolastico, ma sentiva di non riuscire a rendere unici i personaggi che interpretava. Si era lanciato in tante altre attività alla ricerca di qualcosa in cui
potesse specializzarsi: musica, canto, pittura, scrittura. Era discreto in tutte, ma in nessuna di esse riusciva a eccellere.
Possibile che fosse una persona qualunque, senza uno scopo particolare nella vita? Tutti avevano un “ruolo” nel mondo, ma qual era il suo? A che serviva saper fare tante cose bene, ma non saperne fare neanche una in maniera egregia? Da quel momento la sua sicurezza e le sue aspirazioni avevano cominciato a incrinarsi e vacillare. L’entusiasmo e la spensieratezza di un tempo iniziarono a sfumare gradualmente ed era diventato più
chiuso e riservato. La situazione con i compagni di classe non era cambiata: continuava a non avere interessi in comune con nessuno e questo lo faceva sentire strano e fuori posto.
L’argomento predominante adesso era il sesso e i ragazzi avevano l’abitudine di fare domande imbarazzanti e personali su sue eventuali e presunte relazioni amorose. Feo trovava irritante la
loro invadenza e spesso faceva finta di non aver sentito o tentava di deviare la discussione su qualcos’altro. Questo suo atteggiamento schivo e riservato però non faceva altro che attirare maggiormente la loro curiosità, finché, stizziti dall’ennesimo rifiuto, arrivarono a insinuare che probabilmente fosse “dell’altra
sponda” e poco a poco lo allontanarono.
Le ragazze, al contrario, facevano di tutto per agganciarlo con ogni pretesto. Spesso sorprendeva due o tre di loro a fissarlo: allora quelle abbassavano lo sguardo arrossendo e ridacchiavano.
Era normale che facesse quell’effetto alle ragazze. Era sempre stato molto carino, alto e snello, con un taglio un po’ spettinato – dettaglio che gli conferiva un aspetto un po’ trasandato che tanto piace alle ragazze. I lineamenti del viso perfettamente disegnati, occhi color cioccolata e labbra perfette. Quello che le faceva “sciogliere” di più era il suo sguardo disarmante: tutte si perdevano nella profondità di quegli occhi senza riuscire a capire quale energia li rendesse così speciali, mentre al contrario lui dava la sensazione di poter penetrare qualunque barriera, arrivare fin dentro l’anima e vederne tutti i segreti.
Nonostante fosse oggetto di tante attenzioni da parte di molte donne, Feo aveva occhi solo per Lei. Lei aveva lunghi capelli castani e luminosi occhi verdi; era bellissima, riservata e questo la rendeva speciale e popolare tra tutti i ragazzi della scuola. A differenza di tutte le altre però, sembrava non accorgersi nemmeno della sua esistenza. Frequentava classi diverse dalle sue e durante l’intervallo era sempre in compagnia di altre tre o
quattro compagne e altrettanti ammiratori. Aveva l’aria di trovarsi a disagio nella confusione che le si creava attorno, nonostante ciò, si dimostrava sempre gentile e paziente con tutti. Quante volte
Feo aveva desiderato avvicinarsi e parlarle, ma con tutta quella gente intorno non avrebbe mai avuto il coraggio di farsi avanti. E poi non voleva apparire come uno dei tanti scocciatori che le ronzavano attorno. Così, i primi due anni, l’aveva osservata da lontano, fantasticando su mille probabili incontri. Anche quando chiudeva gli occhi riusciva a vedere il suo viso: era il suo primo pensiero quando si svegliava e l’ultimo prima di addormentarsi.
L’ultimo anno delle superiori l’istituto scolastico aveva organizzato una gita di cinque giornate presso tutte le migliori università di Kyoto e dintorni. Con enorme sorpresa, Feo lesse sulla bacheca degli annunci accanto alla segreteria, che la sua classe era stata sistemata sullo stesso pullman di quella di Lei. Era bastato questo per spingerlo a dare la sua adesione.
Ogni dettaglio di quella gita rimase impresso nei suoi ricordi.
Il giorno della partenza si era sistemato in una delle ultime file, mentre tutti gli altri avevano preso posto ordinatamente in coppia.
C’erano tutte le sue compagne, ma di Lei nessuna traccia. In pochi minuti la guida aveva fatto l’appello e le porte erano state chiuse: allora, deluso, era sprofondato sul sedile con lo sguardo
assente fisso davanti a sé. Il pullman si era mosso per una decina di metri, per poi fermarsi nuovamente. Dal mormorio che si era levato aveva capito che uno studente era arrivato all’ultimo momento e si erano fermati per farlo salire e poiché tutti i posti erano occupati, tranne quello di fianco al suo, per una sorta di
ripicca, aveva pensato di assicurarsi il posto migliore, accanto al finestrino. Così era scivolato di lato e si era messo a fissare fuori imbronciato.
«Scusa, posso sedermi?»
Lei, con aria un po’ sciupata ma sempre bellissima, era proprio lì davanti ai suoi occhi. Il cuore aveva preso immediatamente a martellargli dentro il petto e aveva pensato che sarebbe esploso di lì a poco. Al suo cenno affermativo, Lei si era seduta al suo fianco, aveva riposto la sua borsa sotto il sedile e tirato fuori un libricino che aveva cominciato immediatamente a leggere con aria assorta. Dopo più di mezz’ora Feo aveva finalmente trovato
il coraggio di presentarsi. Avevano cominciato a parlare del più e del meno come se fossero stati amici da sempre e le ore erano passate senza che se ne fossero resi conto. Feo era felice come non lo era stato da un bel po’ di tempo: finalmente aveva avuto occasione di conoscerla, di parlarle e aveva addirittura scoperto che avevano
tanti interessi e idee in comune. Con Lei riusciva a parlare di tutto senza annoiarsi né annoiarla: erano in perfetta sintonia.
In appena quattro giorni erano diventati inseparabili.
Naturalmente avevano addosso gli sguardi di tutti: i ragazzi lo invidiavano terribilmente e i più sfacciati di tanto in tanto interrompevano le loro chiacchierate tentando di separarli con ogni pretesto. Le ragazze facevano lo stesso: solo le più romantiche sospiravano con ammirazione contemplando quella coppia perfetta.
Al rientro dalla gita i due avevano continuato a frequentarsi assiduamente. Durante l’intervallo s’incontravano e mangiavano insieme: quasi tutti i giorni lei aveva preso l’abitudine di portare un cestino preparato appositamente per lui e Feo le raccontava delle storie che le piacevano tanto, storie che aveva sognato, popolate da creature fantastiche e magiche.
Lei sarebbe rimasta ad ascoltarlo per ore: amava perdersi in quelle fantasie e lasciarsi cullare dal suono della sua voce. Ma sul più bello puntualmente la campana suonava e i due rientravano in classe correndo e ridendo come bambini.
Alla fine delle lezioni rincasavano insieme facendo una lunga passeggiata: lui la accompagnava fino al cancelletto di casa, s’intratteneva ancora un po’, poi si davano appuntamento per l’indomani mattina.
Feo aveva trovato il suo scopo nella vita: renderla felice.
Quando una persona ne incontra un’altra con le stesse idee e inclinazioni, con gli stessi principi e la stessa capacità di sognare, in grado di sentire prima che ascoltare e di conoscere prima di giudicare, quella persona non avrà bisogno di nient’altro nella vita. Si sente completa e appagata, ama e viene amata
incondizionatamente e al mondo non c’è felicità più grande di questa. Lo pensavano entrambi eppure ogni tanto Feo scorgeva una luce strana negli occhi di Lei, un’ombra di malinconia che attraversava il suo volto per alcuni minuti per poi lasciare posto a un sorriso non appena lui le chiedeva se c’era qualcosa che la turbava. Lo stare insieme era così naturale e ovvio che non avevano avuto bisogno di ufficializzare pubblicamente la loro relazione.
Tra studio, passeggiate, gite e picnic, i mesi erano volati come niente ed erano arrivati gli esami a decretare la fine delle superiori. E non solo quelle. Dopo la cerimonia del diploma, Feo l’aveva portata al Luna park. Quella sera Lei aveva nuovamente quell’ombra che già altre volte aveva velato il suo sguardo. Lui per la prima volta aveva deciso di non farle domande e di tentare di farla sorridere regalandole una serata speciale. Avevano mangiato tanti dolci buonissimi, aveva vinto un grosso panda di peluche per lei e infine l’aveva portata sulla ruota panoramica da dove ammirarono lo spettacolo dei fuochi d’artificio. Lì, sospesi nel vuoto, l’aveva baciata per la prima volta: quello era stato l’ultimo momento di vera felicità. Dopo quel bacio, Lei si era sciolta in lacrime e gli aveva detto addio: si sarebbe trasferita in
America, dall’altra parte del mondo e non avrebbero più potuto stare insieme. In quel preciso istante Feo aveva sentito qualcosa di caldo e pesante gravare sul suo petto come se una goccia d’inchiostro, nero e denso come petrolio, gli fosse caduta sul cuore, lasciando una grossa chiazza scura: era di nuovo solo.
Dopo la partenza di Lei, aveva deciso di non iscriversi all’università, con grande disappunto dei suoi. Non era riuscito a trovare nessuna cosa che lo soddisfacesse. L’unica persona che avesse mai amato, che lo capiva e lo ascoltava era andata via.
Prese a mangiare poco e perse interesse verso ogni cosa. Si ritrovò di nuovo senza uno scopo, senza un significato da dare alla sua esistenza. Persino il resto del mondo aveva cominciato a guastarsi, diventando violento e pericoloso: nei telegiornali si parlava sempre più spesso di feroci aggressioni, omicidi, brutali stupri, rapine e tante altre cose terribili. Eppure sembrava non importasse a nessuno più di tanto: la gente si limitava ad ascoltare passivamente come se appartenesse a un altro pianeta. Era come se quegli orrori non esistessero dal momento che non li riguardavano direttamente. Una vita sprecata in battibecchi inutili o pettegolezzi sui propri vicini. Possibile che tutto e tutti stessero marcendo rapidamente? Oppure era sempre stato così e lo aveva
notato solamente adesso?
A ventun’anni era riuscito a mettere da parte un bel po’ di soldi lavorando come corriere per la ditta del padre, così aveva deciso di dare una svolta alla sua vita e andare a vivere da solo.
Cambiando ambiente probabilmente avrebbe conosciuto persone nuove con le quali condividere qualcosa; avrebbe trovato un buon lavoro, recuperato un po’ di fiducia e sarebbe tornato sereno e vivace come un tempo. Magari sarebbe anche riuscito a dimenticare Lei.
Animato da nuove speranze, si era trasferito in un piccolo appartamento nella periferia di Tokyo. Le sue referenze erano tuttavia insufficienti per ottenere un lavoro in ufficio o presso qualche agenzia: richiedevano tutti una specializzazione e precedente esperienza lavorativa. Per pagarsi l’affitto fu quindi costretto a numerosi lavori part-time come cameriere, uomo delle consegne, postino, bigliettaio, lavapiatti e altro ancora. Nel frattempo aveva provato a farsi delle amicizie ma si sentiva sempre diverso; si sentiva rispondere scherzosamente che era un
po’ troppo buono e ingenuo, che gli ideali cui aspirava si erano estinti da un pezzo, che era l’ultimo sognatore rimasto in circolazione. Nella vita bisognava fare a gomitate se volevi sopravvivere e imparare a diventare cattivo per fregare gli altri prima che quelli fregassero te.
Decise di provare a seguire il loro modo di fare: forse avevano ragione, stava vivendo la vita nel modo sbagliato, inseguendo cose che non importavano a nessuno. Prese a incontrarsi con loro quasi tutte le sere dopo il lavoro: passavano il tempo a bighellonare e a spostarsi da un bar all’altro, dove spesso i suoi amici si ubriacavano e facevano discorsi sconvenienti e di cattivo gusto anche in presenza delle ragazze; discorrevano di cose senza
importanza, litigavano per delle stupidaggini e si ritiravano a notte fonda. Per tre anni fu questo il suo andamento di vita. Si era sforzato ad adattarsi e ad affezionarsi a qualcuno, a trovare qualcosa di giusto o sensato nel loro modo di pensare e agire. Ma non ci riusciva. Si sentiva sempre più diverso, inadatto e infelice.
Il tempo passava e non trovava alcun modo per uscire da quello stato di “incapacità di vivere”. Non accadeva nessuna novità, nessuna occasione per cambiare lo stato delle cose. Era come starsene seduto in panchina, con delle pesanti catene alle caviglie e guardare il resto del mondo avanzare in file disordinate verso
una strada della quale non si vedeva la fine, tutti col proprio biglietto numerato, mentre nel suo era scritto “più infinito”.
L’unico conforto che gli era rimasto era nel sonno: chiudeva gli occhi e si lasciava portare via, lontano, da mille fantasie. Per questo motivo, quando rincasava, mormorava con un sospiro di sollievo: «Finalmente a casa».
Anche quella notte aveva fatto lo stesso, ma questa volta aveva usato un tono più avvilito e malinconico del solito. Si era girato nel letto sospirando, finché le coperte non lo avevano riscaldato e smise di tremare. Gli occhi gli bruciavano terribilmente. Li chiuse e mentre veniva invaso dal torpore, desiderò con tutta l’anima di non doversi svegliare mai più. Quando il corpo si abbandona al sonno, il respiro si fa regolare, le pulsazioni rallentano e percepiamo lo scorrere del tempo in maniera diversa. Cosicché Feo non si accorse esattamente di quanto tempo fosse passato, quando sentì all’improvviso una leggera pressione su tutto il corpo, come se qualcosa lo avesse avvolto delicatamente e lo stesse trascinando verso il basso. I suoi sensi divennero intorpiditi e confusi. Gradualmente smise di percepire il mondo esterno, come se l’anima stesse abbandonando il corpo. Il suo subconscio avvertendo quel cambiamento, reagì attivando una sensazione di pericolo incombente, così, per istinto Feo provò a muoversi ma il suo corpo era rigido e duro come il cemento. Questa esitazione sembrò frenare quella sorta di “discesa”. Pensò che forse ciò che aveva desiderato si stava avverando, quindi non aveva motivo di opporre resistenza: se davvero quella era la morte, non era poi così male. Si rilassò e la pressione lo trascinò ancora più giù, finché la sensazione di rigidità non svanì e si sentì libero.
«Immagina…»
Aprì gli occhi. Aveva ripreso a muoversi liberamente e si rizzò a sedere.
«Che razza di sogno…» mormorò stropicciandosi le palpebre.
Prima di svegliarsi aveva avuto l’impressione di sentire una voce. Si guardò intorno: tutto era perfettamente tranquillo e silenzioso, tuttavia si sentiva inquieto. C’era qualcosa di diverso.
Stette attentamente in ascolto e dopo qualche istante, si ricordò che prima di addormentarsi stava piovendo, ora invece aveva smesso. Dalle imposte non filtrava alcuna luce eppure riusciva a
intravedere le sagome dei mobili e degli altri oggetti della sua stanza. Non vi badò: era sempre stato in grado di orientarsi abbastanza bene al buio e poi era normale che gli occhi si fossero già abituati all’oscurità.
Soltanto buio e silenzio, come se qualcuno avesse spento l’interruttore del mondo.
“È questa la morte?” pensò guardandosi intorno spaesato.
Un leggero bagliore in fondo al corridoio attirò improvvisamente la sua attenzione. La porta d’ingresso era aperta e lui ricordava benissimo di averla chiusa a chiave come sempre.
Qualcuno doveva essersi introdotto in casa. Scese dal letto con cautela cercando di non fare il minimo rumore. Rabbrividì al contatto col pavimento gelido e s’infilò rapidamente una felpa e il primo paio di pantaloni che aveva afferrato al buio. Cercò anche un oggetto che potesse usare come arma da difesa, ma non trovò nulla che potesse servirgli. Pensò di chiamare la polizia. Frugò dentro le tasche e sul comodino accanto al letto alla ricerca del
telefonino, ma sembrava scomparso nel nulla. Non aveva altra scelta, doveva andare a controllare da solo.
Si fece coraggio e sbirciò in corridoio: non si vedeva nient’altro che quel bagliore proveniente dall’ingresso né si
sentiva alcun rumore dalle altre stanze. Chiunque fosse entrato mentre lui dormiva poteva essere già andato via. Del resto viveva in un piccolo appartamento e non possedeva niente di valore.
Comunque era meglio procedere con prudenza. Quando finalmente giunse davanti alla porta, il suo respiro si bloccò.
Fuori vide il nulla, nero e assoluto. Dove avrebbe dovuto esserci il terreno si apriva una buca circolare dal diametro di almeno cinque metri, dalla cui profondità brillava la luce spettrale che lo aveva attirato. Si aggrappò tutto tremante allo stipite e vi sbirciò dentro: la buca era così profonda che gli venne un capogiro.
«Immagina…»

Nell’udire quella parola per poco non cadde a terra per lo spavento: era la stessa voce che aveva sentito nel sonno. Si voltò di scatto. Un vecchio, vestito in modo strano e con lunghi capelli bianchi se ne stava ritto davanti a lui con in mano una chiave che sembrava fatta di un materiale inconsistente, splendente come
luce e impalpabile come le nuvole. Aveva un’aria rassicurante e lo fissava con un’espressione bonaria, come se lo conoscesse. La mente di Feo venne invasa da mille domande, ma la sorpresa era così inaspettata che boccheggiò senza riuscire a emettere alcun suono.
«Immagina che ti venga offerta l’opportunità di intraprendere un viaggio in un mondo diverso da questo, imprevedibile e magico, popolato da migliaia di creature diverse e pieno di luoghi che solo i più grandi sognatori sono riusciti a raggiungere. Un luogo dove potresti ricordare quello che hai perso… Che cosa
faresti?»
Feo non si era ancora ripreso dallo stupore per quella visione inaspettata e la domanda del vecchio non fece che aggiungerne altro.
Lo sconosciuto sorrise e riprese a parlare.
«Solo, nessun vero amico con cui sentirti libero di essere te stesso, un amore impossibile e quel che è peggio, privato di tutti quelli che qui chiamate “sogni”, non è così?»
Come faceva a sapere tutte quelle cose? Cosa voleva dire con “ricordare quello che aveva perso”?
Non aveva idea di chi fosse quel tale e di cosa stesse parlando.
«C-chi sei?» riuscì finalmente a balbettare. Tra tutte le cose che avrebbe voluto chiedere, la prima curiosità che gli venne da soddisfare suonò tanto banale quanto necessaria.
«Sono il Custode di Chiavi della porta che collega la dimensione della veglia a Immagina, il regno dei sogni» rispose
quello candidamente.
«Il custode di che? È uno scherzo o sto facendo uno di quei sogni strani che sembrano quasi veri?» esclamò il ragazzo
perplesso.
«Sogni… Sì, hai sempre creato dei sogni straordinari…» rispose vagamente l’altro. «Ma in questo caso è diverso: non stai semplicemente sognando, sei dentro la dimensione del sogno.
Non mi stupisco che tu abbia dimenticato ogni cosa: nel mondo della veglia il tempo scorre in maniera differente e ha il potere di cancellare in fretta i ricordi migliori per lasciare spazio alle
amarezze.»
«Continui a parlare di qualcosa da ricordare, ma io non capisco di cosa stai parlando… Perché sei venuto proprio da me? Sei sicuro di stare parlando con la persona giusta?»
«Hai desiderato di non svegliarti un altro giorno ancora in questo mondo, non è forse così?»
Feo stava per replicare, ma l’uomo continuò.
«Sono qui per ciò che è stato promesso tanto tempo fa.
Qualora avessi desiderato di rinunciare al mondo della veglia, sarebbe stato compito mio aprirti le porte del sogno. Così è stato.
Ma devo avvertirti: le cose sono cambiate, non ci sono più soltanto magia e fantasia. I tempi si sono fatti bui e i sentieri molto pericolosi. Per recuperare ciò che hai perso dovrai viaggiare parecchio e potresti imbatterti in qualcosa di più grave e minaccioso dei mali che affliggono questo mondo. Te la senti di rischiare alla ricerca del significato della tua esistenza o preferisci rimanere qui per sempre, infelice ma probabilmente più al sicuro di quanto non saresti laggiù?»

«Il significato della mia esistenza…» ripeté Feo pensieroso e confuso.
Era quello che aveva sempre cercato e adesso gli si presentava l’occasione di scoprirlo. Intendeva questo quando aveva detto che poteva recuperare una cosa che aveva perso? E cosa voleva dire il
resto?
«Cosa intendi con “rimanere qui per sempre”?»
«È concesso un solo viaggio tra il mondo dei sogni e quello della veglia» rispose il vecchio. «Attraverso il sogno, gli uomini si limitano a sbirciare il nostro mondo: per loro è come fare delle brevi escursioni nelle terre create dalla loro immaginazione e dal loro subconscio. Una volta svegli finiscono col dimenticare quasi tutto, per poi ricominciare una nuova avventura la notte successiva. Oltrepassare la porta è diverso: significa entrare completamente, scegliere a quale mondo appartenere. Se adesso decidessi di rifiutare e tornare alla veglia, non ti sarà mai più
concessa un’occasione per entrare. Potrai solamente continuare a sognare come tutti gli altri.»
«Questo significa anche che se decidessi di entrare non potrei più tornare indietro, giusto?»
«Precisamente.»
«In pratica mi stai chiedendo di scegliere tra il rimanere qui per il resto della mia esistenza o gettarmi nel baratro dove potrei ugualmente rimetterci le penne? In entrambi i casi non sembra che vada a finire molto bene per me» disse Feo con una punta d’ironia.
«Ti sto chiedendo di scegliere tra una vita infelice e la possibilità di cambiarla: se in meglio o in peggio, questo
dipenderà dalle tue capacità… e anche da una certa dose di fortuna» precisò il custode.
«Fortuna? Fantastico…» commentò amaramente il ragazzo.
Il vecchio dava l’impressione di sapere molte più cose di quelle che gli stava dicendo. C’erano molti lati oscuri nel suo discorso, per esempio quanti e quali pericoli avrebbe potuto incontrare. Ma aveva il sospetto che se anche glielo avesse chiesto, l’uomo avrebbe risposto alle sue domande in modo evasivo. A ogni modo era obbligato a fare una scelta e riflettendoci su, concluse che in fondo non aveva niente da perdere. Gli unici ricordi felici che aveva conservato erano così appannati e distanti che sembravano appartenere alla vita di qualcun altro; al contrario, nel mondo dei sogni, a quanto pareva, aveva lasciato qualcosa di importante. E poi, se quel viaggio lo
avesse portato verso la morte, pazienza: in fondo, che fosse morto nella veglia o nel sonno, non aveva molta importanza per lui al punto in cui era.
«Portami via…» si decise, dopo qualche minuto di silenzio.
«Sei davvero sicuro di voler “passare”?»
Feo annuì senza aggiungere altro.

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